OKR - Il nostro punto della situazione
Lettura 9 minutiSentendo parlare sempre più spesso negli ultimi anni di OKR correlati ad aziende di successo, nel corso di questo 2022, abbiamo voluto approfondire questo modello di lavoro per valutarne l’adozione all’interno dei nostri processi aziendali.
Per chi non avesse mai sentito parlare di OKR, provo a riepilogare per sommi capi i concetti principali che la metodologia prevede.
OKR: Come nascono e cosa sono
Gli OKR sono l’abbreviazione di Objectives and Key Results, un framework utilizzato per generare un forte allineamento aziendale sugli obiettivi e sui risultati da raggiungere, sia a livello generale che a livello di team, uscendo dalle consuete linee guida top-down, ma garantendo opportunità, spazio e responsabilità anche ad azioni emergenti.
L’idea degli OKR nasce negli anni Ottanta in Intel, per mano di Andy Grove, come una evoluzione dei classici MBO (Management By Objective) di carattere personale, ma più ambiziosi e orientati al lavoro coordinato di più soggetti/team allineati su obiettivi strategici comuni. E’ poi all’inizio degli anni Duemila che John Doerr, in uscita da Intel, formalizza questo metodo e lo porta in dote presso alcune delle nascenti realtà tecnologiche della Silicon Valley, dove tra tutti il caso di Google salì agli onori della ribalta e si rivelò essere uno degli strumenti decisivi a guidare la crescita aziendale.
Tornando al metodo, gli obiettivi (Objectives) rappresentano l’ambizione, che si vuole raggiungere. I risultati (Key Results) determinano la direzione da seguire, sono misurabili e definiscono il potenziale raggiungimento dell’obiettivo.
Gli OKR dovrebbero essere molto sfidanti, ponendo l’asticella molto in alto, non essendo un modello di “valutazione”, che spesso mira al basso per non penalizzare, ma di coordinamento alla crescita tra le varie componenti dell’organizzazione. La persona e il team non vengono mai premiati in base ai risultati raggiunti, o penalizzati per quelli non raggiunti. Gli OKR vogliono essere lo strumento che conduce ai risultati e non un mezzo per definire i bonus.
Il ciclo di gestione e controllo degli OKR è tipicamente più rapido dei classici obiettivi annuali dei modelli aziendali “vecchio stampo”, normalmente trimestrale, con attività operative che ben si adattano a chi lavora con metodologie agili, permettendo di cambiare rotta più velocemente, seguendo nuove necessità o opportunità di mercato.
OKR: Come funzionano
Si parte da una chiara e condivisa definizione della Mission e dei Valori aziendali. Tali elementi sono fondamentali per la corretta formulazione di obiettivi strategici in modo che siano in linea con la natura dell’azienda e il suo scopo.
All’inizio del trimestre ogni team coinvolto si riunisce con il proprio manager di riferimento al fine di definire al massimo 5 obiettivi tattici (forse meglio 3 per iniziare), correlati agli obiettivi strategici dell’azienda. Su ciascuno di questi obiettivi qualitativi, il team identifica al massimo 5 Key Results, che devono avere un elemento quantitativo e misurabile.
Non è il caso di andare nel dettaglio della scrittura degli OKR, che richiede non poche prassi ed attenzioni, ma dobbiamo quantomeno tenere a mente alcune caratteristiche fondamentali che devono essere sempre rispettate:
- Ambiziosi: puntare sempre molto in alto con gli “Objectives”, aprendo alla possibilità di un “non raggiungimento” che costituisce comunque un valore di crescita importante.
- “SMART”: i “Key Results” devono perseguire questo acronimo, che si può dettagliare in:
- Specifici (Specific)
- Misurabili (Measurable)
- Raggiungibili (Achievable)
- Realistici (Realistic)
- Scadenza temporale (Time-bound)
- Trasparenti: gli OKR devono essere a conoscenza di tutta l’azienda, collegati ad obiettivi strategici, di business, mission e valori.
Al termine del trimestre i team si ritrovano con la figura di riferimento del metodo per valutare l’andamento degli OKR. Alcuni risultati saranno centrati al 100%, altri magari soltanto parzialmente; spesso i risultati vengono valutati all’interno del team collettivamente.
Una volta terminata la fase di controllo degli OKR si passa alla modifica degli obiettivi ancora presenti o alla creazione di nuovi per il trimestre successivo. Infatti obiettivi non raggiunti possono essere rivisti, cambiati, o riproposti per il ciclo successivo, reagendo in questo modo molto rapidamente a cambiamenti strategici o di mercato.
OKR: Funzionano?
Come indicato in precedenza, gli OKR non sono uno strumento di misurazione delle performance e non sono mai, per nessun motivo, connessi ad un sistema di bonus. Sono uno strumento che fornisce indicazioni e incentiva all’allineamento dell’organizzazione verso una direzione comune.
Ma non attingendo dalle vecchie metodologie MBO che sfruttano bonus/malus come incentivi sulle persone, perché gli OKR dovrebbero funzionare?
A differenza dei metodi tradizionali, dove gli obiettivi sono definiti al ribasso per evitare penalizzazioni, gli OKR incoraggiano il singolo o il gruppo a fissare mete sfidanti. Il metodo individua il suo cardine fondamentale nel processo virtuoso di continuo miglioramento che si innesca nel corso dei cicli di condivisione e revisione degli ORK all’interno dell’organizzazione. Il tutto si basa sull’idea che una strategia condivisa e trasparente con tutte le persone coinvolte e responsabilizzate nella definizione e attuazione, porta ad una esecuzione perfetta e ad una crescita solida e concreta.
Pensare che tutti gli OKR vengano raggiunti al 100% costituisce un errore nell’applicazione del metodo, poiché non si è stati sufficientemente ambiziosi. Al contrario, se non sono stati pienamente raggiunti, c’è ancora qualcosa in cui crescere, imparare e sperimentare. Quel margine che separa l’attuale risultato dal raggiungimento pieno dei Key Results costituisce l’occasione di crescita da sfruttare.
E’ in questo contesto fortemente propulsivo dove proattività, senso di responsabilità, propensione al successo di team e persone trovano terreno fertile su cui attecchire e portare frutto con grandi risultati. Gli OKR creano il contesto e lo spazio ideale per puntare in alto assieme e toccano le migliori leve motivazionali per eccellere.
Anche nel caso di Key Results non raggiunti ed obiettivi non calzanti a quanto fosse realmente possibile fare, gli OKR forniscono sempre una nuova iterazione dove poter trasformare l’errore in dati utili. Si impara velocemente dal fallimento, ritarando nuovi obiettivi e risultati sull’esperienza precedente e su una nuova previsione ora basata su maggiori consapevolezze.
Credo che a questo punto sia evidente quanto siano “poveri”, lacunosi e scollegati dalla realtà i processi di management basati sui classici metodi da “bastone e carota”.
In Bitbull, dove siamo?
Certamente non molto avanti nel test, adozione e diffusione interna del metodo, ma ci ha già dato modo di ragionare molto sull’organizzazione andando in primo luogo a ridefinire Mission e Valori con una maggior concretezza di intenti.
Comprendere che vi fosse una scarsa consapevolezza condivisa dei “perché” dell’azienda ed intervenire in tal senso per ampliare la discussione e correggere il tiro in vista dell’applicazione di un nuovo metodo di gestione, costituisce già da solo un grande risultato.
Il secondo elemento importante che l’avvicinarsi agli OKR ci ha portato, è il prendere contatto con una concreta voglia e necessità di crescere. Gli OKR non sono un modello pensato per la gestione dell’operatività di routine, ma per moderare, intensificare e veicolare la crescita, per chi punta alla Luna. Consapevoli di questa volontà e spinta propulsiva, il metodo OKR potrebbe essere lo strumento giusto per noi, ma vi sono ancora alcuni elementi da valutare e da smarcare, che ad oggi ne hanno rallentato una nostra rapida adozione.
Differenza culturale
Credo sia opportuno considerare il contesto in cui gli OKR sono nati e si sono rivelati un elemento fondamentale del successo di quelle realtà aziendali. In molti casi sono startup o grandi realtà americane con forti aspirazioni a divenire leader del mercato. E’ necessario evidenziare come la cultura nel business e la gestione del lavoro americana sia molto differente da quella europea (ancor più italiana in genere). Credo che il nostro modello di crescita, dove presente, sia spesso più moderato e strutturato, meno pronto allo slancio senza “rete di sicurezza”.
Pur vedendo in Bitbull ben radicati molti principi agili, sottostrato necessario perché gli OKR possano attecchire, ritengo vi sia qualche rischio sull’impatto che il metodo as-is possa generare sulle persone e a livello di cultura aziendale.
Gestione del fallimento
Con la pratica degli OKR impiantata in azienda ci si troverà improvvisamente con un buon numero di obiettivi elevati, sfidanti e a volte irraggiungibili, predisposti per fallire in molti casi o che richiederanno vari tentativi e revisioni. Per evitare che tutto questo castello di buoni propositi si trasformi in un piatto troppo indigesto per molti, è importante crescere ed investire sulle persone, creando un tessuto maggiormente pronto e adeguato all’accettazione del fallimento. Sviluppare la cultura del fallimento, non come evento negativo, ma con accezione positiva, come unica via praticabile per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
“Fail fast, fail often” come spesso ritroviamo nel pensiero americano; prova la tua idea, fai in modo che fallisca nel più breve tempo possibile, per poter imparare dagli errori ed innescare così un miglioramento ed un nuovo tentativo. Abbracciare dunque il fallimento, in modo sano e costruttivo, non colpevolizzando, ma sfruttandolo a pieno, come naturale parte del percorso di crescita.
Ritengo sia un concetto molto difficile da accettare e fare proprio. Credo che già lavoriamo in una organizzazione dove le persone hanno modo di confrontarsi e sbagliare senza timori, ma è la revisione dell’errore che dobbiamo fare nostra, come elemento di valore.
Crescita VS Business-as-Usual
Come più volte ribadito in precedenza, gli OKR sono uno strumento unicamente indirizzato alla crescita, che non può avere effetti diretti sull’operatività quotidiana, ed è da tenere ben distinto poiché al contrario è pericoloso andare ad utilizzare metriche di performance del day-by-day al servizio degli OKR.
In Bitbull, da azienda di consulenza e servizi, non di prodotto, è oggettivamente più complesso andare a separare in modo chiaro e distintivo, ciò che è crescita rispetto al consueto sviluppo evolutivo o di manutenzione di progetto. Vi è spesso una commistione, dove la R&D è parte integrante della nostra operatività, indirizzata sempre a trovare la soluzione più adeguata e funzionale alle necessità interne, di progetto e del cliente.
Vi è poi una problematica “temporale”, dove possa essere possibile ai singoli e ai team ricavare lo spazio necessario per accantonare la quotidianità e dedicarsi allo sviluppo di obiettivi orientati alla crescita interna. Oltre al naturale investimento in tempo che l’azienda deve considerare per l’introduzione e gestione degli OKR, il rischio sulle persone è quello di aumentarne il context switch e portarli in alcuni casi ad allungare i tempi di lavoro, con una difficile gestione tra ciò che è necessario fare e ciò che è bello fare. Il rischio di un collaterale aumento dello stress personale è consistente e da moderare in modo attento.
In chiusura, ritengo che vi siano una serie di concetti e presupposti assolutamente validi ed interessanti che il modello OKR può offrire, ma che debbano essere adeguatamente valutati prima di una adozione passiva del metodo. Non è corretto considerarlo un “silver bullet”, dove seguendo da manuale il processo, si hanno risultati certi e concreti in tutti i contesti organizzativi in cui viene applicato. E’ invece a mio avviso opportuno, come per ogni dottrina e metodologia da attuare, considerare i valori ed i pilastri fondanti, ma anche l’adeguata preparazione del contesto, i vincoli e l’impatto presunto che tale cambiamento porterà. Non possiamo approcciare il cambiamento come il semplice mettere in atto i concetti desunti da un corso o da una guida, ma è un percorso da svolgere assieme, unendo idee emergenti e concetti di valore che queste occasioni formative hanno innescato.
Il portare nella pratica un nuovo metodo all’interno di una organizzazione che funziona, non può essere dirompente, ma deve modellarsi con essa con ragionevole consapevolezza del contesto e delle persone.
Non perdiamoci nel futile esercizio di stile di voler fare le cose “da manuale”, ma abbracciamo in pieno il cambiamento ed il gusto di voler puntare in alto.
Crediti: Foto di Clark Tibbs da Unsplash
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